Per gli induisti e i buddhisti i fichi sono il simbolo della conoscenza e della verità.
Se vi danno del sicofante, non fatevi spaventare dalla parola, ma fate piuttosto un rapido esamino di coscienza.
I sicofanti (dal greco sukon, “fico”, e phainein, “indicare, mostrare”) nell’antichità erano coloro che denunciavano i furti di fichi dagli orti sacri. Per estensione, oggi il termine viene rivolto a chi si è comportato in modo particolarmente sleale.
Plutarco ci fa sapere che il fico anticamente aveva una valenza sacra ed era legato alle origini di Roma. Pare, infatti, che la cesta contenente Romolo e Remo, destinati a morire come frutto illegittimo della vestale Rea Silva, non fu trascinata dalla corrente del Tevere che era straripato, ma si arenò miracolosamente in un’insenatura fangosa, sotto un fico selvatico: proprio all’ombra di questo fico la lupa nutrì i due gemelli figli di Marte e della vestale. Della pianta, divenuta sacra, si presero cura i sacerdoti del dio.